Un’espressione di viticoltura estrema in Trentino
Avete mai sentito parlare di viticoltura eroica? Con questo termine ci si riferisce alla coltivazione della vite svolta in condizioni estreme rispetto a quella tradizionale, generalmente si pratica in piccoli appezzamenti, ma la qualità è molto alta, e generalmente ci si riferisce alla viticoltura di montagna.
Una cantina che la pratica è Cembra Cantina di Montagna, la realtà vitivinicola più alta del Trentino (700 m s.l.m.), la terza in Italia. Si trova nell’omonimo capoluogo della Valle di Cembra ed è nata nel ‘52 per iniziativa di alcuni viticoltori; oggi circa 300 “eroi” che coltivano le viti abbarbicate in minuscoli appezzamenti montani sostenuti da muretti a secco. Il loro vino esprime perfettamente le condizioni estreme che lo hanno generato.
La Val di Cembra è situata a Nord-Est della provincia trentina, incisa dall’impetuoso torrente Avisio; si estende su una superficie di 2.243 ettari, di cui il 30% è destinato a una viticoltura che avviene lungo vertiginosi pendii terrazzati. Nel corso dei secoli i contadini sono stati costretti a rimodellare radicalmente i pendii, cercando di strappare ai ripidi declini boschivi dei fazzoletti di terra da destinare alla coltivazione, in particolar modo della vite. Complice l’innata vocazione del territorio alla realizzazione di vini unici, la viticoltura ha dato una grande spinta all’economia locale mantenendo intatti il paesaggio storico naturale e l’identità della popolazione locale.
Questa viticoltura eroica lungo pendii spesso difficili da raggiugere e da lavorare rende Cembra Cantina di Montagna un portavoce autentico della dedizione tipica della gente trentina. Qui vengono impiegate tra 900 e 1.000 ore l’anno per coltivare e far fiorire ogni singolo ettaro di vigna. Gli appezzamenti sono a un’altitudine compresa tra i 450 e i 900 metri e qui, naturalmente, non si possono usare macchinari: in molti casi le pendenze superano il 40% e tutte le operazioni in vigna vengono svolte manualmente, con lunghi tempi di lavorazione. Gli “eroi del vino” devono anche fare i conti con le difficoltà meteorologiche, che in questa vallata sono più accentuate e frequenti e possono causare seri danni alle colture.
In Val di Cembra sono 708 i km di muretti a secco che disegnano la bellezza della valle e al contempo ne sostengono le colture vitate. Inserita nel 2008 nella lista del Patrimonio Immateriale Unesco, l’arte dei muretti a secco rappresenta l’insieme di tutte le conoscenze, teoriche e pratiche, legate alla costruzione di tali strutture, che avviene esclusivamente disponendo e accatastando le pietre l’una sopra l’altra, senza l’aiuto di alcun elemento, salvo – alcune volte – la terra secca. I terrazzamenti sono un monumento antropico di inestimabile valore, che tuttavia ogni anno necessita di peculiari interventi di controllo e manutenzione per evitare che il patrimonio costruito nel corso dei secoli dai patriarchi del vino cembrani vada perduto.
Oltre a dipingere la valle, i muretti a secco giocano un ruolo primario nella prevenzione di violenti dissesti idrologici tra cui frane, alluvioni e valanghe. E preservano la preziosa biodiversità in vigna: gli interstizi tra le pietre diventano le dimore e i nascondigli di piccoli insetti e rettili che operano in completa sinergia con l’agricoltura umana, mantenendo un organismo agricolo sano e un ecosistema in perfetto equilibrio. Il risultato è l’autentica espressione dell’armonia che esiste tra la natura e i viticoltori, chiamati a custodirla e a valorizzarla. È così che, stagione dopo stagione, vendemmia dopo vendemmia, si perpetua la tradizione vitivinicola della Val di Cembra. I figli e i nipoti dei viticoltori scelgono spesso di proseguire lungo il solco della strada tracciata iniziando a lavorare sin da piccoli nell’azienda di famiglia, portando con sé una ventata di freschezza grazie ai nuovi saperi e all’innovazione tecnologica. I prodotti simbolo della Valle sono Müller Thurgau, Riesling, Sauvignon, Schiava, Pinot Nero e le basi spumante di eccellenza per i TrentoDoc Metodo Classico.
E allora…