Un po’ di chiarezza e il punto di vista dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino…. Che condivido
Alcol e vino, benessere e buone abitudini da promuovere a tavola e il piacere di concedersi un buon calice da abbinare al pasto. Difficile districarsi nella giungla di informazioni, avvertimenti e consigli che vengono dati al giorno d’oggi, e da cui si viene travolti in tv e soprattutto online, in particolare in un momento in cui anche dall’Europa arrivano normative più stringenti sulle etichette dei prodotti e sulla salute, con allarmismi di vario tipo su ciò che si ritiene possa far male al nostro corpo.
Inoltre, si parla molto dei cosiddetti “dealcolati”, vini cioè senza alcol, che vengono finalmente regolamentati da un decreto ministeriale (del dicembre 2024) varato dopo una lunga riflessione e un confronto con gli operatori del settore, che consentirà anche ai produttori italiani di produrli e venderli, recependo una norma europea che lo permetteva già ad altri paesi. È stato quindi stabilito come e con quali criteri si possono commercializzare questi prodotti, che hanno delle rigide specifiche di produzione e devono riportare la dicitura “dealcolato” o “parzialmente dealcolato” in etichetta, in base al quantitativo di alcol presente. Un tema che fa comunque discutere e divide gli amanti del vino e su cui ha cercato di fare chiarezza l’Accademia Italiana della Vite e del Vino.
Per il presidente Rosario Di Lorenzo, “quella della dealcolazione è una questione molto sentita e dibattuta tra puristi della tradizione, senza alcol non è vino, e chi si apre alla necessità di dare risposta alle nuove tendenze che si basano anche su aspetti legati alle nuove mode dei consumi e di conseguenza dei mercati”. La relazione, curata dal vicepresidente dell’Accademia, Vincenzo Gerbi, dal titolo “Alcol e vino, un rapporto da ripensare” vuole essere uno spunto per immaginare il futuro del mondo vino, messo di fronte a nuove sfide.
“Recenti indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) – scrive Gerbi – hanno messo in guardia contro il consumo di alcol: non c’è un consumo moderato e nessuna quantità è sicura per la salute. Questa posizione è stata sostenuta dal capo operativo della Sanità americana, Vivek Murthy, che ha evidenziato una correlazione diretta tra l’alcol e almeno sette tipi di cancro, tra cui quelli al seno e al colon. Murthy ha chiesto l’introduzione di etichette sanitarie sulle bottiglie di alcolici, un passo che potrebbe segnare un cambiamento significativo nella consapevolezza pubblica riguardo ai rischi associati al consumo di alcol”. Contrariamente a questa visione, continua la ricerca, esiste un segmento del mondo medico che sostiene l’idea di un consumo moderato di vino, considerato da secoli una bevanda complessa e ricca di componenti vegetali benefici. La famosa affermazione di Ippocrate, secondo cui “il vino è cosa meravigliosamente appropriata all’uomo”, trova ancora risonanza tra coloro che vedono nel vino non solo una bevanda, ma un elemento culturale fondamentale. Ma, ha commentato Gerbi, “è evidente che, mentre ci sono persone che godono di una vita sana consumando vino con moderazione, ci sono anche casi di abuso che portano a gravi danni alla salute. La questione centrale diventa quindi: perché beviamo vino? È per il suo effetto inebriante o per l’apprezzamento delle sue sfumature gustative?”.
Bisogna considerare, come si sottolinea anche nella relazione, che l’alcol rappresenta solo una frazione del totale nel vino, con l’83-84% di acqua e circa il 13-14% di alcol, il restante 3% è composto da componenti come polifenoli e aromi, che conferiscono al vino le sue caratteristiche uniche. Gli intenditori non si concentrano sul grado alcolico, ma sulla complessità dei sapori e degli aromi che ogni varietà e ogni territorio conferisco al vino. Chi conosce i vini soffre nel sentirne parlare come di una qualunque bevanda alcolica, bevuta distrattamente, scelta per sfruttare il suo contenuto in alcol e ottenerne un effetto euforizzante e disinibente. Il vino è invece l’accompagnamento ideale del cibo in uno stile di vita tipico delle popolazioni mediterranee.
Con l’emergere dei vini dealcolizzati, i produttori stanno esplorando la possibilità di offrire bevande con ridotto o nullo contenuto alcolico, mantenendo però le proprietà benefiche dell’uva. Tuttavia, questa pratica solleva interrogativi sulla qualità e sul profilo gustativo dei vini, specialmente per quanto riguarda l’equilibrio tra dolcezza, tannicità e acidità. Il consumo smodato di alcol tra i giovani, in aumento, purtroppo, solleva preoccupazioni riguardo al bere responsabilmente e l’educazione alimentare risulta cruciale per promuovere una maggiore consapevolezza. Ma non si può semplificare.
Dalla vendemmia 2024, sarà obbligatorio indicare in etichetta le informazioni nutrizionali e gli ingredienti utilizzati nella vinificazione. Questo rappresenta un passo importante verso la trasparenza, ma è essenziale che i consumatori siano in grado di interpretare correttamente queste informazioni. Se l’alcol è un pericoloso cancerogeno, qualunque sia la bevanda che lo contiene e indipendentemente dalla dose assunta, allora il bevitore di vino, saggio e moderato, dovrà considerare l’alcol del vino come un possibile danno collaterale, un pericolo da tenere presente, senza però indurlo a rinunciare al piacere sensoriale di questa millenaria bevanda.
Serve quindi, sostiene l’associazione, e condivo anche io, consapevolezza critica. Se il vino viene consumato con moderazione e apprezzato per le sue qualità e capacità di arricchire e accompagnare ciò che si mangia, può rimanere una parte significativa della nostra cultura gastronomica. Ma bisogna educare i consumatori a fare scelte informate, garantendo la sostenibilità dell’industria vitivinicola e insegnando ad apprezzare ciò che si beve e a scegliere ciò che si acquista. Una bella sfida!
Detto questo, solo per essere più precisi, precedentemente non si poteva indicare come “vino” una bevanda con un tenore alcolico inferiore agli 8,5 gradi. Con il nuovo decreto, invece, si dice che è “possibile ridurre parzialmente o totalmente il tenore alcolico dei vini, dei vini spumanti, dei vini spumanti di qualità, dei vini spumanti di qualità di tipo aromatico, dei vini spumanti gassificati, dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati”. A differenza di altri paesi, però, ad esempio la Francia dove è consentito anche per le Aoc, in Italia il processo di dealcolazione, totale o parziale, non può essere eseguito per i vini a denominazione di origine protetta e a indicazione geografica protetta.
Io, personalmente, sono a favore dei dealcolati, perché potrebbero aprire a un’altra fetta di mercato; altra cosa è proporli a chi, come me, ama il vino e le sue sfumature e ne fa un consumo moderato e di qualità, proprio per il piacere di degustarlo. Siete d’accordo?
E allora…