L’enologo Mattia Donna racconta i vini dell’azienda e ne svela i segreti
E’ quel Nebbiolo che non ti aspetti, fresco, elegante, aromatico. Ho scoperto la cantina “Torraccia del Piantavigna” durante una serata-degustazione a tema molto interessante, organizzata online da D.Wine, ed è stato amore al primo sorso. Ho deciso, quindi, di approfondire. Siamo in Alto Piemonte, a Ghemme, Novara, proprio ai piedi del Monte Rosa e all’imbocco della Val Sesia, una terra ricca, affascinante e di grandi vini.
Incuriosita già dal nome, ho intervistato Mattia Donna, enologo e agronomo dell’azienda, che mi ha raccontato: “Il nome Torraccia viene proprio dal sito in cui siamo, una zona viticola di Ghemme molto delimitata, un piccolo promontorio che esce dalla fascia collinare su cui c’era una vecchia torre d’avvistamento come ce ne sono molte in questa zona e di cui è rimasto il basamento. E proprio qui Pierino Piantavigna, che all’inizio degli anni 50’ mise a dimora un piccolo vigneto su questa terra meravigliosa, portava il suo nipotino Alessandro Francoli, oggi presidente dell’azienda, ad ammirare le prime viole che spuntavano in primavera”.
Il nome, appunto, associa la torre, ancora visibile nei suo resti, e il cognome del nonno materno da cui tutto iniziò. E fu proprio Alessandro negli anni ’90 a coniare “Torraccia del Piantavigna” per rendergli omaggio e con la volontà di intraprendere una nuova avventura: staccarsi dalla produzione di famiglia di grappe e liquori (chi non conosce le distillerie Francoli alzi la mano?!) e creare una realtà separata solo dedicata al vino di qualità. Ancora oggi si continuano a coltivare i vigneti di famiglia ma la superficie vitata è stata ampliata fino ad arrivare a 33 ettari che nel giro di cinque anni dovrebbero diventare 45, ci anticipa Mattia.
Passando ai vini e ai miei assaggi, c’è un trio con cui l’azienda punta a presentarsi; vini di pronta beva che non possono non catturare l’attenzione e incontrare i gusti, per indirizzare poi clienti a degustare i “pezzi forti”. Parliamo di “Erbavoglio”, prodotto da Vitigno a bacca bianca come da Disciplinare di Produzione che non può essere nominato in etichetta, del “Barlàn”, rose da Nebbiolo 100% e di “Neb”, rosso Nebbiolo 100%.
“Negli ultimi dieci anni – racconta Mattia – questi vini hanno subìto tutto l’approccio scientifico, fisico, migliorativo e di know how che l’azienda poteva adottare per migliorarli, a partire dal vigneto per ottenere una materia prima di altissimo livello da vinificare in modo impeccabile. Usiamo la tecnologia del freddo, raffreddando le uve e portandole a maturazione perfetta, per preservare l’aromaticità e tutte le caratteristiche di quest’uva durante la trasformazione. Le componenti aromatiche le preserviamo con grande attenzione e cura. Poi usiamo lieviti selezionati e facciamo una fermentazione a bassa temperatura e, per arrivare alla fusione totale delle componenti minerali, aromatiche e acide, facciamo molti batonnage e un lungo affinamento sulle fecce in acciaio. C’è anche una breve macerazione pellicolare in pressa a freddo per 4 o 5 ore per il bianco, pochissimo, 1 ora o 2, per il rosato”. Ne derivano vini freschi, agrumati e fruttati davvero piacevoli.
Per il “Neb”, invece, dice ancora Mattia, “facciamo una macerazione pre-fermentativa a freddo in appositi tank termocondizionati: così si estraggono la componente aromatica e cromatica del vitigno, tralasciando un po’ la componente polifenolica data dal tannino; cerchiamo di estrarre meno tannino possibile al contrario di quello che facciamo con il “Ghemme” e il ”Gattinara” dove andiamo a estremizzare le estrazioni, alzando la temperatura, mantenendo di più il contatto con le bucce e lavorando sull’estrazione del tannino dal vinacciolo, spingiamo le maturazioni. Pe il “Neb” in una settimana concludiamo la prima parte della fermentazione, che prosegue poi solo sul liquido, perché non vogliamo troppi tannini proprio per l’esigenza gustativa del prodotto”. E questo “Neb” è gradevolissimo e adatto anche per l’aperitivo, si sorseggia in compagnia che è un piacere, a gusto mio.
Salendo di gamma, i cavalli di battaglia della cantina sono appunto il “Ghemme” e il “Gattinara”, entrambi D.O.C.G, il cui disciplinare prevede non meno di 24 mesi di legno, ma Torraccia ne fa 4 minimo per il Gattinara e 5 per il Ghemme, in botte grande. “Non usiamo barrique – sottolinea Mattia – quindi più tempo questi vini stanno nel legno, più si ammorbidiscono; le botti grandi permettono lunghi e lenti affinamenti che donano al Nebbiolo di queste zone sensazioni particolari, profumi, aromi, freschezza ed eleganza; sono molto diversi dai Nebbioli di grande struttura e ‘muscolatura’ di Langa”.
La filosofia di Torraccia è quella di mescolare tradizione e modernità. Applicare la modernità e investire nelle tecnologie per la fascia di partenza dei loro vini, come appunto “Erbavoglio”, “Neb”, “Barlàn”, “Tre confini”, e affidarsi alla tradizione per i Nebbioli “superiori”, “Ramale”, “Ghemme” e a salire con le Riserve e il “Gattinara”. Mattia ci tiene a parlare di “vinificazione maniacale” per questi grandi vini, con “continuo controllo della temperatura e rimontaggi in alcuni casi eseguiti a mano. Facciamo coltivazione manuale per i vini da lungo invecchiamento ma abbiamo implementato la meccanizzazione per gli altri vini, soprattutto per la gestione del filare e per le operazioni che possono essere convertite senza perdere di qualità (come la gestione della chioma, la potatura verde, ecc. ). Sono investimenti che fanno risparmiare tempo su alcuni vigneti di base e che ci consentono di dedicarci maggiormente e con cura minuziosa sulle grandi riserve che curiamo a mano, a volte acino per acino”. Una filosofia attenta e che dà vini molto diversi e con caratteristiche ben definite, ma tutti di grande livello.
E ora la sfida dell’azienda, ben radicata sul mercato nazionale, è quella di conquistare l’estero. I risultati iniziano a vedersi, dice Mattia: “In un anno di pandemia abbiamo conquistato già otto nuovi mercati. Parliamo di Sudafrica, Brasile, Canada, Usa, Gran Bretagna, Belgio, Cina e Giappone. In agenda c’è l’India, appena la situazione migliorerà…”. E noi gli auguriamo di riuscire a espandersi molto di più.
E allora…