Il racconto di una serata perfetta a Tenuta Guado al Tasso
“Vorrei passare tutta la vita con una dea irrazionale e sospettosa, con un assaggio di gelosia furibonda come contorno, e una bottiglia di vino che abbia il tuo sapore e un bicchiere che non sia mai vuoto…”
Vi dice nulla questa frase? É una citazione da “Un’ottima annata” di Ridley Scott, con Russell Crowe protagonista, film tratto dal romanzo omonimo di Peter Mayle. Una frase perfetta anche per raccontare una delle mie serate estive che porterò sempre nel cuore e che mi è venuta in mente solo entrando in un posto magico, ispirata forse anche dal fatto che stavo leggendo “Un’estate in Provenza”, sempre dello stesso autore e sullo stesso tono.
Mi avevano parlato di Tenuta Guado al Tasso in modo eccezionale, ma andarci di persona è un’esperienza che consiglio a tutti prima o poi. La mia parentesi marina ad agosto a Marina di Castagneto Carducci, a pochi chilometri da Bolgheri, non poteva non prevedere una cena lì, all’Osteria del Tasso, con la mia famiglia e una coppia di amici cari.
Già solo girare nelle campagne nel cuore di Bolgheri è un’esperienza. I vigneti a perdita d’occhio, una cantina dopo l’altra, colline verdeggianti che si estendono fino al mare. Quando mi sono trovata davanti il cancello della tenuta ho già capito che sarebbe stata una serata da ricordare. Guado al Tasso si estende su circa 320 ettari vitati a un’altitudine di circa 50 metri sul livello del mare. Qui si allevano soprattutto Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah, Cabernet Franc, Petit Verdot e Vermentino. La famiglia Antinori, proprietaria della tenuta, non ha bisogno di molte presentazioni: produce vino da più di seicento anni, da quando nel 1385 Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell’Arte Fiorentina dei Vinattieri. E da ben 26 generazioni porta avanti questa tradizione, rispettando il territorio ma innovando, con tenute in Toscana e Umbria, a cui nel tempo si sono aggiunte quelle in altre aree vocate per la produzione di vini di qualità in Italia e persino all’estero.
La storia di Tenuta Guado al Tasso, nella piccola e nota DOC Bolgheri, risale alla metà del ‘600, quando apparteneva alla nobile famiglia Della Gherardesca che già produceva vino. Ma è a Guido Alberto che si deve la svolta, tra fine ‘700 e prima metà dell’800. Da grande amante di viticoltura divenne “maggiordomo maggiore” del granduca Leopoldo e si dedicò con grande dedizione alle sue terre in Maremma. Negli anni ’30, poi, questa preziosa terra passò a Carlotta della Gherardesca Antinori, madre di Piero Antinori, e in quelle di sua sorella, sposata a Mario Incisa della Rocchetta (che ebbe in dote la vicina Tenuta San Guido) e l’obiettivo fu subito chiaro: trasformare la tenuta in un gioiellino capace di distinguersi e produrre vini unici nel panorama toscano.
La DOC Bolgheri è una denominazione recente, risale al ’94, ma Guado al Tasso e i suoi vini oggi sono considerati tra i migliori “Super Tuscan” anche a livello internazionale, interpreti di un terroir unico in cui il clima mite e la vicinanza al mare giocano un ruolo strategico insieme al terreno di origine alluvionale, conferendo alle uve un carattere complesso e un’eleganza spiccata.
Ma torniamo alla mia esperienza. Non è solo per i grandi vini bevuti. Ho amato tutto della tenuta. Dall’accoglienza e gentilezza, oggi non scontata, del personale, attentissimo e premuroso verso gli ospiti, in modo particolare nei confronti di due famiglie con due bambine piccole che hanno potuto correre libere e felici sul prato curatissimo davanti ai tavoli all’aperto del ristorante, alla sobrietà negli arredi all’esterno e all’interno che parlano di “casa” e storie di famiglia, fino al menu tra tradizione e sperimentazione.
Il consiglio è quello di arrivare molto prima di cena, perché il tramonto sui vigneti a perdita d’occhio è un’immagine indimenticabile. Tutto è curato nei dettagli per rendere l’esperienza piacevole. Si respira un’aria di campagna, non parliamo di un luogo di lusso e ostentazione. Il pergolato con le foglie di vite e sotto i tavolini in piastrelle e ferro, e via con una bollicina Antinori per iniziare, guardando il sole che pian piano ci saluta e scompare all’orizzonte. Degustando la Cuvèe Royale, Franciacorta D.O.C.G. della “casa” davanti a quel panorama mi sento subita rilassata.
Il cielo inizia a diventare rosso-arancione, pian piano si accendono le luci e l’atmosfera cambia di nuovo. La cena inizia. Ci sembra di essere in un film, ci sentiamo “ovattati” e fuori dal mondo; è per questo che ho pensato a come si sentiva Russell Crowe in quelle sue prime cene magiche in Provenza. Iniziamo con un tagliere di salumi di cinta senese allevata libera, proseguiamo con gnocchi al ragù di daino, per qualcuno tagliata di manzo e patate al forno, per altri cinghiale sfilacciato. E si chiude con gelato e panna cotta delicatissima.
Dei loro rossi non troppo impegnativi adoro “Il Bruciato” Bolgheri Doc Rosso, un blend di Cabernet Sauvignon (65%), Merlot (20%) e Syrah (15%), elegantemente speziato, armonioso e fresco, un vino che non può non mettere d’accordo tutti a tavola, meno esperti e più esigenti. Si chiude con grappa di Tignanello. Una cena non per tutte le tasche anche se bisogna dire che si può venire qui solo per l’aperitivo al tramonto o comunque scegliere bottiglie meno esose e pochi piatti, e spendere il giusto. Perché venirci almeno una volta? Perché è un luogo magico ma non snob, un autentico, dove si “respira” il lavoro di una famiglia che ha creduto in una terra e vuole continuare a valorizzarla, rispettandola e curandone i frutti. E che frutti! Vi ho fatto venire un po’ di curiosità e voglia di prenotare una cena qui? E allora…