Sughero, Stelvin, pro e contro: un tema che ancora divide…
Stappare una vino per molti è un vero e proprio rituale. Il tappo di sughero che lentamente viene estratto dalla bottiglia, si controlla e si annusa e già fa capire molte cose di quel vino…. Ma è sempre più in voga l’uso di tappi diversi dal sughero, da girare, come quello delle bottiglie d’acqua o di altre bibite, cosa che fa discutere e accende il dibattito tra esperti e non.
Parlo del cosiddetto tappo Stelvin (dal nome del produttore che l’ha inventato), quellocon una capsula a vite in alluminio che ricopre la parte superiore del collo di una bottiglia. Un tappo che riesce a proteggere e preservare tutte le priorità del vino in questione, che viene protetto da agenti esterni, sbalzi di temperatura e pressione, umidità, e che da molti viene anche preferito.
In realtà i primi tappi a vite risalgono alla seconda metà del XX secolo ma allora venivano usati sporadicamente solo come soluzione d’emergenza per richiudere una bottiglia aperta. Man mano però che il sughero ha iniziato a diventare meno disponibile, a fronte di una domanda crescente di tappi, si è iniziato a studiare tipologie che potessero competervi per la chiusura ottimale di un vino.

I tappi a vite hanno trovato più difficoltà ad affermarsi in Europa, la culla della tradizione vitivinicola, ma dalla fine del XX secolo in poi hanno cominciato a prendere piede, anche su bottiglie di un certo valore. Ogni produttore, insomma, ha iniziato a scegliere il suo preferito in base al risultato che vuole ottenere, perché le due tipologie sono diverse:
Il tappo a vite, o Stelvin, a guardarlo bene all’interno ha un fondo in resina con una piccola quantità di gas inerme che serve a preservare le caratteristiche organolettiche del vino. Si è rivelato essere ermetico finché non viene aperto, poi però, a forza di girarlo sul collo della bottiglia per aprire e chiudere, rischia di perdere questa caratteristica. Il tappo a vite, paradossalmente è anche più ermetico: impedisce all’ossigeno di filtrare e di entrare in contatto con la bevanda, a fronte del sughero che è un materiale poroso e lascia passare una piccola quantità di ossigeno.
Poco male, anzi: i vini da lungo invecchiamento ne hanno bisogno per evolversi al meglio in bottiglia, quindi per questo tipo di vini sono poco preferibili i tappi a vite.

Se invece il vino è pronto per essere bevuto, lo Stelvin garantisce che resti inalterato, senza “evolvere”. A pensarci, infatti, spesso i tappi a vite sono usati per i vini giovani e bianchi, difficilmente si vedono sui rossi da invecchiamento.
Altra osservazione: con i tappi a vite è esclusa la sorpresa del “sa di tappo” o della contaminazione; la chiusura, come già detto, è più ermetica e non c’è il contatto del vino con il sughero. Tra gli altri pro, l’apertura facile, senza il rischio di rompere il tappo.
Sono molti i paesi che oramai lo hanno adottato anche più del sughero: ad esempio, è amatissimo in America e Asia. In Italia c’è un po’ di resistenza anche per un fattore di legame con la tradizione, oltre al fatto che tra i nostri cavalli di battaglia ci sono tanti rossi importanti, più adatti sicuramente al sughero. Ma ci sono tante sperimentazioni e nuove tendenze, soprattutto tra i produttori giovani, che nel giro di qualche anno potrebbero aprire la strada a una rivoluzione.
E allora…
