Quegli “ibridi” resistenti che dividono esperti e wine lover
Oggi parliamo di PIWI, sapete cosa sono? A lungo “snobbati”, adesso vengono rivalutati soprattutto in un’ottica di sostenibilità ambientale e si stanno sempre di più affermando per le loro caratteristiche e qualità.
Ma vediamo cosa sono: si tratta di “ibridi” molto resistenti alle malattie. Dal tedesco “pilzwiderstandfähig” – da qui l’acronimo PIWI – vuol dire “viti resistenti ai funghi”. Sono quindi il frutto di incroci tra varietà differenti che hanno portato alla selezione di quelle più resistenti alle malattie di natura fungina (e basta pensare alla fillossera per capire quali danni possono portare alla viticoltura).
E se in molti pensano che questa selezione non faccia rima con qualità e tradizione, per altri invece questo è il futuro della viticoltura. C’è anche un’associazione che tutela questo approccio innovativo, la PIWI International, che ha registrato 150 viti di questo tipo (tra le principali ci sono Vitigno Solaris, Vitigno Souvigner Gris, Vitigno Cabernet Blanc).
I PIWI sono molto diffusi in Austria e Germania, lì dove le condizioni ambientali, il clima e il terreno sono più difficili; anche in Italia però, soprattutto inTrentino-Alto Adige e Veneto stanno prendendo molto piede.
Pro e contro
Gli esperti si dividono: se vogliamo guardare ai vantaggi possiamo dire che essendo già da soli più resistenti hanno bisogno di meno trattamento in vigna e si adattano più facilmente ai cambiamenti repentini del clima, cosa da non sottovalutare al giorno d’oggi. Di contro, ci sono i “talebani” della viticoltura artigianale e tradizionale, poco propensi alla creazione di questi ibridi un po’ selezionati e spesso scettici anche sulla qualità e il valore del prodotto finito, ovvero la potenzialità del vino che si produce usandoli.
Scenario Italia
I Piwi stanno comunque richiamando attenzione, con fiere, eventi e spazi in festival dedicati. In Italia però siamo ancora con numeri bassi. A gennaio 2023 Vini e Viti Resistenti si è fatto promotore del primo “Censimento in Italia sui PIWI”. Questi i dati: sono 50 le cantine che hanno dichiarato meno di 1 ettaro coltivato a Piwi; mentre 71 quelle che hanno da 1 a 5 ettari e 17 le cantine che hanno più di 5 ettari, di cui solo 7 superano i 10 ettari. Se si esclude la Cantina Sociale di Trento con 25ettari, le cantine con più ettari sono Terre di Ger in Friuli Venezia Giulia con 18 (di cui una parte da conferitori) e La Cantina Pizzolato in Veneto con 16. In Trentino spicca Pojer e Sandri con 12 ettari mentre in Alto Adige hanno tutti dimensioni più ridotte che arrivano al massimo ai 6 ettari di Lieselehof e in Lombardia i 5 di Marcel Zanolari. La regione più coltivata a PIWI è al momento il Veneto. Ha superato il Trentino-Alto Adige che è stata la prima e più estesa zona di coltivazione. Segue il Friuli Venezia Giulia dove alcuni produttori hanno vigneti mediamente più estesi rispetto a quelli delle altre regioni.
Come varietà a bacca bianca in 60 hanno Solaris, 59 Souvignier Gris, 50 Bronner e 34 Johanniter. Soreli, Sauvignon Kretos e Fleurtai sono le più diffuse tra quelle “made in Italy”. Nelle varietà a bacca nera c’è la preferenza verso il Cabernet Cortis con 21 produttori. Al secondo posto l’italiano Merlot Khorus con 18 e al terzo il Prior con 16.
Vi siete fatti un’idea? Non resta che provarli! Io non li trovo affatto male,
e allora…